Lean Questions: Voglia di confrontarsi

Eccoci di nuovo nella rubrica Lean Questions, che ogni venerdì risponde alle vostre domande poste attraverso i soliti canali: FacebookGoogle+ e Contatti, oppure, in assenza delle domande dirette, prende in esame le domande poste nei vari gruppi su LinkedIn di cui faccio parte.

Oggi la domanda è dai commenti a un articolo da parte degli amici del LeanLab:

Un vero Lean Thinker ha voglia di imparare e di confrontarsi con gli altri e non può essere pigro (altrimenti come si fa il miglioramento continuo?).

Si potrebbe anche cominciare con una domanda.

Perché il direttore non mi da il commitment?
Perché mi finisce il materiale xyz?
Perché l’impianto si ferma spesso?
Perché non sappiamo mai cosa produrre?
Perché è tutto urgente?
Perché non riesco a fare le 5S?
Perché gli operatori sono demotivati?
Perché non posso dare dei premi in funzione dei risparmi ottenuti con un evento Kaizen?

Queste solo per cominciare la discussione….

Avanti! Confrontiamoci!

La risposta a tutte queste domande è la mancanza di cultura di provare a fare le cose meglio. Io le ho viste e le ho incontrate tutte e la ricetta per uscire da qualsiasi di questi problemi è solo la cultura di approccio scientifico al problema, senza paura di sbagliare e con la volontà di imparare.

I leader nelle nostre aziende raramente mostrano caratteristiche di questo approccio però. Hanno paura di sbagliare, come se questo errore dovesse compromettere la loro carriera, fargli perdere la posizione o qualcosa di simile.

Da dove nasce questo approccio riluttante alla sperimentazione? Io penso che la causa principale è la nostra scuola, dove ci viene insegnato ad essere sempre perfetti, che esiste solo il bianco e il nero, la soluzione giusta o sbagliata, mentre tutte le sfumature del grigio non vengono accettate. Purtroppo, nella vita reale aziendale, si vive nel grigio profondo, dove di perfetto non c’è niente. Ogni giorno ci sono problemi che hanno bisogno di confronto, di soluzione, ma nella scuola non ci viene insegnato come affrontarle. Sarebbe bello se a scuola esistesse un corso strutturato di problem solving che viene insegnato a tutti. Ma purtroppo non esiste, e quindi dobbiamo vivere con quello che abbiamo.

Poi, chi finisce la scuola e poi va in azienda, si trova caricato di responsabilità per le quali non è stato preparato adeguatamente e si comporta nello stesso modo come gli hanno insegnato a scuola: o si ha un risultato perfetto o non si fa niente, così finiscono per non fare niente, con la paura di cambiare qualsiasi cosa rispetto allo status quo che in qualche modo si è creato nella storia dell’azienda. Lo spirito imprenditoriale oramai è rarissimo nelle persone, e viene sempre più soppresso.

Nelle aziende che tentano la strada del vero lean, la prima cosa che viene insegnata alle persone è il pensiero scientifico: sperimentare nuove soluzioni senza paura di fare errori. Le persone vengono responsabilizzate non a far funzionare perfettamente le cose come sono sempre state fatte, ma a cambiarle continuamente con soluzioni nuove e creative ai problemi che si incontrano. E queste aziende andranno avanti e vinceranno alla fine nel mercato, in quanto non hanno effettiva concorrenza: gli altri stanno fermi e difendono le loro posizioni…

Perché rispetto gli asiatici? Perché nella loro cultura della famiglia è presente, da quando nascono, lo spirito di sperimentazione, della meditazione sull’errore e del miglioramento personale. Anche se a scuola sono più o meno rigidi e inflessibili come noi, questo spirito di riflessione (hansei) e perfezione lo portano comunque anche nella vita lavorativa, e questo spirito viene compreso da tutti e non viene giudicato come succede qui. Noi nella famiglia invece insegniamo a non sbagliare mai, ad essere prudenti nelle scelte, a diventare ricchi senza faticare (qualcuno per caso ha nominato il Superenalotto?). Ci soddisfiamo con quello che abbiamo e non vogliamo cambiarlo per non danneggiarlo. Così non si va da nessuna parte. Si viene mangiati da chi fa lo stesso nostro lavoro, ma che non ha paura di provare, di migliorare.

Bisogna partire quindi dalle origini, e lottare contro la nostra mentalità al risparmio e dello status quo. Bisogna imparare a essere imprenditori, ognuno nel proprio piccolo, anche se siamo dei dipendenti di una azienda. Dobbiamo guardare a come migliorare sempre la nostra nicchia e a come aiutare gli altri colleghi a fare altrettanto. Solo con questa mentalità si può essere competitivi a tutti i livelli e a risolvere tutti quei semplici problemi che avete sottolineato sopra.

Spero che queste informazioni vi siano state utili, e continuiamo a discuterne.

PS. Se avete anche voi qualche domanda da farmi, basta che utilizzate i canali elencati sopra e di seguirmi su G+ e FB. Sono sempre a disposizione a darvi una mano… ;)

Autore

Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

2 comments… add one
  • Giovanni Maria Bossich Set 14, 2013, 11:54 am

    Caro Dragan, buongiorno, ti seguo da tempo per tutti gli spunti che offri. Amo più fare e riflettere che scrivere quindi normalmente non commento. Questa volta sì, hai colto nel segno, il fattore chiave, la vera root cause, il settimo Why!! Non sono certo un sociologo ma Il livello culturale della nostra società, individualista, minimalista, relativista e perciò da sempre sensibile alla pressione dei grandi gruppi d’interesse (mercatistici, industriali, religiosi, politici, finanziari ecc) è ancora a livello “medioevale”. Non negativo di per sè quindi ma ancora alla ricerca di un’emancipazione verso un nuovo “valore” del vivere, e sottolineo “sostenibile” (materia di cui sono arrivato ad occuparmi professionalmente). Che ne dici perciò di aggiungere delle considerazioni sulla necessità anche del Pensiero Sistemico ?

    • Dragan Bosnjak Set 14, 2013, 12:11 pm

      Non vorrei anticipare molto le mie intenzioni future, ma sono in preparazione di un libro che parlerà proprio di questo. Un pò meno tecnico dei precedenti, e molto più sostanziale per quanto riguarda il pensiero sistemico in una zona grigia (o nera) della nostra quotidianità: la gestione del governo e della politica…
      Ma non lo scrivo in italiano, sarà esclusivamente in inglese…
      Comunque, anche tu hai colto nel segno con il commento!

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