I comuni problemi nel processo di problem solving

Settimana scorsa Tracey Richardson, sul blog A3 dojo della LEI, ha elencato i comuni problemi che succedono quando un processo di problem solving non è definito in maniera chiara e viene eseguito senza avere ben chiare le idee nella mente.

Vediamo cosa dice:

Mentre insegno il problem solving nelle aziende, trovo molti errori comuni da parte delle persone che imparano/usano il processo. E’ facile quando si è nella fase di apprendimento di sviluppare velocemente le cattive abitudini, ed è importante saperle riconoscere e sviluppare quelle migliori. Qui vi do alcune domande che possono aiutarvi ad evitare alcuni comuni errori che le persone fanno.

Ogni individuo nella vostra organizzazione comprende lo SCOPO del proprio lavoro? O meglio, comprendono come le loro azioni nel risolvere il problema attuale sono connesse agli indicatori chiave delle prestazioni (KPI in termini di qualità, sicurezza, produttività, costo) dell’organizzazione? Ogni individuo dovrebbe chiedersi: “Perché ho selezionato questo problema da risolvere?” Dovrebbero capire in che modo questo problema è allineato al Hoshin Kanri dell’organizzazione. Dovrebbero anche chiedersi: Risolvendo questo, come sto contribuendo al miglioramento della mia azienda? Si tratta di un problema a valore aggiunto?

Tutti stanno utilizzando il potere del GEMBA? O, tutti stanno andando a vedere il lavoro/il processo? Spesso vedo squadre che lavorano insieme nella sala conferenze cercando di risolvere il problema usando la loro esperienza, ipotesi, assunzioni e opinioni. In queste situazioni velocemente sgombero la stanza per “ANDARE A VEDERE” e visualizzare con i propri occhi la situazione attuale. Migliorerete sempre la vostra abilità di descrivere la reale situazione nel momento in cui avete parlato con l’operaio e potete confermarla con i fatti. Allora potete utilizzare questa informazione per vedere dove siete rispetto allo standard o situazione ideale. La differenza tra le due rappresenta il vostro problema. Quindi, alzatevi da dietro la vostra scrivania e ANDATE A VEDERE, impostando così uno standard di leadership per tutti.

State scavando abbastanza per arrivare alla causa all’origine? Il problem solving produttivo è basato nel persistentemente chiedere “Perché” fino ad arrivare alla causa all’origine del problema. Spesso, in quanto ci focalizziamo semplicemente sui risultati, arriviamo solo al livello del sintomo del problema. E questo può produrre al massimo una soluzione a breve termine ed assicura che il problema in futuro ritornerà. Non si tratta di una pratica sostenibile per il vostro processo di problem solving quindi iniziate a chiedere “PERCHE'” più di una volta!!! 5-Perché è solo un’espressione che i sensei giapponesi utilizzavano per creare in noi l’abitudine del chiedere più di una volta. Quindi non prendetelo letteralmente. Qualche volta è sufficiente chiedere perché due volte, qualche volta servono dieci o undici; ogni catena del “Perché” è unica al gemba ed è definita per raccogliere i fatti della situazione reale. Per farlo è essenziale coinvolgere, impegnare e sfidare i lavoratori nell’assistervi nella vostra investigazione.

State misurando in termini specifici delle prestazioni? Ci sono due domande che dovrebbero SEMPRE essere chieste quando state iniziando il vostro processo di problem solving. La prima: Cosa dovrebbe succedere? La seconda: Cosa sta realmente succedendo? Il livello successivo è di quantificare la differenza tra le due domande. Se non avete una differenza misurabile, allora A3 o problem solving sarà difficile da misurare sulla parte destra di un A3. Come farete a sapere che la vostra contromisura sta veramente risolvendo la causa all’origine se non avete una differenza quantificabile nella parte destra dell’A3? Quando sto insegnando gli A3, spesso trovo che la situazione reale riporta che qualcosa succede “qualche” volta a settimana. Quando usavo descrizioni soggettive come questa, il mio sensei giapponese mi guardava e mi diceva, ad esempio, “Qualche? Non capisco, per favore spiegare”. Quello che voleva dire era che bisogna avere dati e non fare assunzioni. “Qualche” potrebbe significare varie cose.

State facendo questo tutti i giorni e in tutte le cose che fate? L’ultimo comune errore di cui parlerò in questo articolo è, nella mia opinione, di importanza cruciale. Spesso vedo aziende che organizzano settimane kaizen, eventi kaizen, eventi di miglioramento rapido, e così avanti. Questi possono essere chiamati in vari modi e le descrizioni danno impressione esterna che il problem solving viene fatto solo nelle “occasioni speciali”. Se il desiderio di un’organizzazione è di avere successo, il loro motto dovrebbe essere: Problem Solving-Tutti i Giorni-Tutte le Persone. Questa era una pratica comune durante il mio periodo lavorativo in Toyota. E’ la differenza più grande che vedo quando visito altre organizzazioni – questo lavoro viene visto come “speciale” rispetto alla cultura “di ogni giorno”. Nei miei viaggi ho iniziato l’abitudine di non chiamarlo in nessun modo particolare. Credo che questo sia il fondamento per iniziare a creare delle abitudini. Come lo slogan della Nike, “Just do it”. Non vi è bisogno di etichette, fatelo diventare il modo normale di lavorare e basta.

Nella vostra azienda, state commettendo alcuni o tutti di questi problemi? Non è mai tardi per iniziare a fare le cose bene…

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Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

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