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Insourcing o Outsourcing?

In questi ultimi anni tantissime aziende italiane hanno fatto la loro decisione di portare la loro produzione all’esterno (e all’estero…) dove speravano di trovare ambienti dove possono essere ridotti i costi produttivi in quanto la manodopera costava nettamente meno che in Italia. Ma questa scelta, di fare l’outsourcing nei paesi del terzo mondo, è una scelta giusta?

Cosa comporta il fatto di portare fuori la vostra produzione? Sicuramente la prima cosa che penserete è il fatto che i costi della manodopera sono più bassi di quelli che mai potrete avere in casa. E questo può essere stata la molla che vi ha spinto di andare via. Ma non avete pensato a certi altri fattori:

Questi, e molti altri fattori simili, vengono ripresi benissimo in una lettera di Bill Waddell al Governo Americano, ma attuale in tutto il mondo occidentale: The Hollow American Economy. L’articolo può essere scaricato liberamente sul sito dell’autore e ne condivido pienamente il contenuto.

E anche alcune società italiane cominciano a capire che il solo fatto che i costi della manodopera all’estero siano più bassi non è sufficiente per spostarvi tutto il know-how aziendale. E cominciano a rientrare e pensare in logica lean: perché non andiamo a snellire i nostri processi, a tenere i magazzini più bassi e rispondere al cliente con prodotti innovativi in tempo reale? Ho letto da qualche parte che il sig. Bauli riporta in Italia il marchio Motta. Questo è un tipico esempio di insourcing che serve per gestire e superare la crisi nella quale ci troviamo. E non dobbiamo piangere che non ci sono condizioni di produrre in Italia: queste ci sono e ci saranno sempre, bisogna solo essere abbastanza bravi a gestire le aziende, eliminare gli sprechi interni, e allora il costo della manodopera (che ammonta generalmente fino al 99% di ciò che si fa nelle aziende non lean…) diventa solo una briciola insignificante.

E non si ha bisogno di andare all’estero in outsourcing…

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