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Ammettere di non sapere

I consulenti aziendali vengono presi per dare delle risposte. Ma se vengono considerati tanti veri consulenti lean, cosiddetti “sensei”, loro anziché dare delle risposte fanno delle domande.

Se sapete la risposta ad una domanda, gliela dite direttamente?

La risposta che vi fornirà un sensei lean è: “E lei, che cosa ne pensa?” 😉

Cosa significa questa risposta? Significa che un bravo insegnante deve insegnare a pensare ad una persona e non offrirgli la conoscenza su un piatto d’argento. Sicuramente un datore di lavoro/imprenditore che prende la consulenza esterna conosce molto meglio il proprio lavoro rispetto ad un estraneo alla propria organizzazione che arriva lì per la prima volta. Potrebbe addirittura non conoscere nessun concetto fondamentale del lavoro che si fa in quella organizzazione. Ma è capace di ragionare e di portare altre persone sulla propria lunghezza d’onda, assistendole perché loro trovino la soluzione migliore per il loro problema. Quindi gli dice le cose come dovrebbero essere fatte ma non gli danno la soluzione per un problema specifico.

Una volta che si capisce la metodologia di soluzione dei problemi, una volta che si impara a riconoscere gli sprechi e che vi si aprono gli occhi su come andare ad eliminarli, sta a voi proseguire questa lotta. Il consulente può essere presente quanlche giorno a settimana, al mese, ma voi, imprenditori, siete presenti lì tutti i giorni con i vostri uomini e con le vostre conoscenze. Il ruolo del consulente è quello di insegnarvi a pensare, a porre le domande giuste che poi dovete sviluppare voi per trovare le soluzioni e contromisure. E non deve avere paura di dirvi: “Non conosco la risposta a questa domanda. Perché non ci ragioniamo su e vediamo come risolvere il problema?”.

Le organizzazioni lean hanno una metodologia di problem solving su otto fasi distinte:

Questa metodologia supporta il ciclo di miglioramento continuo PDCA (ciclo di Deming). E tutte queste fasi un bravo consulente le percorre facendo le domande e facendo pensare e ragionare le persone (metodo socratico).

Ad esempio: per capire il problema non bisogna guardare i sintomi ma andare più in profondità e capire se c’è qualcosa di più grande che viene influenzato dal problema riscontrato; non bisogna mai precipitarsi sulle prime soluzioni che vi vengono in mente ma fermarsi un attimo e studiare tutte le possibili cause ed alternative che potrebbero aver provocato un determinato problema; siamo sicuri di aver trovato la causa all’origine del problema, quella che ci permette una soluzione più possibilmente semplice e veloce? ecc.

Quindi anche i consulenti (sensei) esterni hanno bisogno di imparare ad insegnare. Un’ottima risorsa è il libro di John Shook “Managing to Learn” che potete trovare qui.

Avete qualcosa da aggiungere? Pensate che i consulenti in Italia che fanno domande vengono subito scartati perché non danno risposte? E non pensate che sono gli imprenditori che non vogliono imparare veramente se li scartano? E che non hanno voglia di creare una organizzazione che impara giornalmente a creare la propria cultura ed identità e il proprio posto sotto il sole?

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